Nel corso degli anni — soprattutto dopo la pandemia — ho avuto la fortuna di poter costruire una libreria dedicata all’orticoltura che oggi conta quasi 1.400 volumi. La maggior parte di questi testi è in lingua inglese: un impegno che richiede un po’ di tempo e attenzione, ma ripagato dalla profondità e dalla solidità dei contenuti.
Di contro, molti libri italiani risultano talvolta superficiali e le traduzioni dei migliori testi anglosassoni non sempre restituiscono in modo accurato i concetti originali (ricordo ancora una traduzione in cui hardy — rustico — veniva reso con “duro”).
In questo contesto, la lettura di Giardini sostenibili di Francesco Fedelfio rappresenta una sorpresa positiva: il libro si colloca nel panorama italiano con un livello di cura, precisione e profondità che raramente si riscontra in pubblicazioni analoghe.
I dry garden
Fedelfio propone un approccio ragionato alla progettazione sostenibile, articolando concetti tecnici e riflessioni pratiche attraverso una struttura chiara e ben calibrata.
Un dry garden, o giardino arido, è uno spazio progettato per richiedere un apporto minimo di irrigazione, grazie all’impiego di specie vegetali adattate a condizioni di siccità prolungata e a suoli poveri. Non si tratta di un giardino “desertico”: è piuttosto una strategia progettuale che mette al centro resilienza, equilibrio ecologico e gestione responsabile delle risorse.
Nel volume, Fedelfio utilizza il concetto di giardino arido come chiave di lettura per affrontare temi più ampi legati al clima, alla manutenzione e alla scelta delle piante.
I giardini aridi in Italia
Una delle sezioni più interessanti del libro è costituita dalle oltre cento pagine dedicate a una selezione di giardini aridi italiani — non necessariamente i più noti, ma indubbiamente significativi.
L’autore esamina come questi giardini sono stati progettati e realizzati, quali scelte botaniche li caratterizzano e come le piante sono state impiegate in relazione tra loro.
Questo approccio consente di superare il semplice elenco di specie consigliate: ciò che emerge è una lettura strategica del giardino, che aiuta a comprendere perché una composizione funziona, quali dinamiche la sostengono e come la manutenzione può essere ridotta senza comprometterne la qualità estetica.
Bibliografia
Un altro punto di forza del volume è la bibliografia. Non funge da semplice apparato conclusivo, ma rappresenta una parte integrante del discorso.
Fra i testi citati spicca Perennials and Their Garden Habitats di Hansen e Stahl, riferimento fondamentale per comprendere l’evoluzione della gestione del verde pubblico: dal tradizionale impianto a “blocchi”, a modelli basati su comunità vegetali stabili, più coerenti con principi di manutenzione ridotta. Possiedo una copia del volume, ormai difficile da reperire a prezzi ragionevoli, e continuo a trovarci qualcosa di stimolante a ogni lettura. Mi ha fatto piacere vederlo riconosciuto e utilizzato come riferimento in un libro italiano.
Se occorre formulare una nota critica, riguarda la resa delle fotografie incluse nel libro. Le immagini sono numerose e ben selezionate, ma la qualità di stampa e le dimensioni non sempre generose rendono difficile cogliere i dettagli di alcune bordure o composizioni vegetali, che avrebbero meritato maggiore evidenza.
Nel complesso, Giardini Sostenibili è un testo solido, ben documentato e utile, capace di offrire spunti progettuali, riferimenti bibliografici e osservazioni tecniche di valore.


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