Progettazione

  • Giardini troppo perfetti

    Giardini troppo perfetti

    Nei siti dei software dedicati alla progettazione di giardini c’è una funzionalità che spicca sempre: l’elevata qualità del rendering che il programma riesce a ottenere.

    Se fino a qualche anno fa bastava un disegno leggibile — forme indicative, volumi appena accennati — oggi questi strumenti puntano a una resa iperrealistica, quasi fotografica, del giardino che verrà.

    E così, nelle pagine e nei video promozionali, si esaltano funzionalità come:

    • la possibilità di modificare i parametri delle piante — ad esempio modellare la chioma di un albero per evitare che due esemplari della stessa specie appaiano identici;
    • la simulazione stagionale: foglie, steli e apparati vegetali che cambiano colore, che appaiono o scompaiono per mostrare l’evoluzione nel corso dell’anno;
    • gli effetti di movimento, come leggere animazioni della vegetazione;
    • la gestione della luce, per visualizzare il giardino in diversi momenti della giornata, tra cui l’immancabile tramonto mozzafiato;
    • l’integrazione tra progetto e fotografie o video reali, così da fondere rendering e contesto.

    Tutto molto importante e interessante, ma fino a dove ha senso spingersi? E soprattutto: questo serve davvero al progettista? Serve davvero al cliente?

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  • Giardini sostenibili (Recensione)

    Giardini sostenibili (Recensione)

    Nel corso degli anni — soprattutto dopo la pandemia — ho avuto la fortuna di poter costruire una libreria dedicata all’orticoltura che oggi conta quasi 1.400 volumi. La maggior parte di questi testi è in lingua inglese: un impegno che richiede un po’ di tempo e attenzione, ma ripagato dalla profondità e dalla solidità dei contenuti.

    Di contro, molti libri italiani risultano talvolta superficiali e le traduzioni dei migliori testi anglosassoni non sempre restituiscono in modo accurato i concetti originali (ricordo ancora una traduzione in cui hardy — rustico — veniva reso con “duro”).

    In questo contesto, la lettura di Giardini sostenibili di Francesco Fedelfio rappresenta una sorpresa positiva: il libro si colloca nel panorama italiano con un livello di cura, precisione e profondità che raramente si riscontra in pubblicazioni analoghe.

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  • Russell Page a Sacile

    Russell Page a Sacile

    Le Giornate di Primavera del FAI sono state l’occasione perfetta per scoprire alcune residenze e giardini nei dintorni. Luoghi che, pur essendo relativamente vicini, non avevo mai avuto modo di visitare.

    Tra questi spicca lo splendido parco progettato da Russell Page per Villa Distorta, a Sacile (Pordenone). Alla fine degli anni ’60, il celebre paesaggista inglese fu incaricato di disegnare un parco che oggi si estende su sette ettari, dando vita a una raffinata composizione arborea.

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  • Il bianco a Sissinghurst

    Il bianco a Sissinghurst

    Lo scorso autunno ho avuto la fortuna di poter organizzare una visita di una settimana ad altrettanti giardini nel sud dell’Inghilterra, alcuni famosi, altri meno conosciuti, ma comunque importanti per chi si occupa di progettazione di giardini e in generale per ogni giardiniere d’arte. È stata una settimana caratterizzata dalla pioggia, a volte torrenziale, ma d’altronde, se fosse stato diverso, non si chiamerebbe Inghilterra.

    Ho visitato il famoso Great Dixter del compianto Christopher ‘Christo’ Lloyd, il parco paesaggistico di Sheffield, Nymans, Great Comp, Pashley Manor, il giardino di Wisley della Royal Horticultural Society e forse il più famoso per chi fa il nostro mestiere: Sissinghurst, nato dalla penna e dalla vanga della scrittrice inglese Vita Sackville-West e del marito Harold Nicolson. E proprio a Sissinghurst Castle Garden – nel Kent – dedico qui alcune riflessioni.

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  • Unire passioni (apparentemente) lontane

    Unire passioni (apparentemente) lontane

    Da sempre, la mia passione per la natura e il giardinaggio convive con quella per le interfacce uomo-macchina, accompagnata da una domanda di fondo: è possibile farle dialogare?

    Il primo seme di questa riflessione è stato piantato quando ero alle elementari. Un giorno, quasi per caso, mi capitò tra le mani Il grande libro dell’autosufficienza di John Seymour (il perché mi capitò tra le mani è un’altra storia). Le illustrazioni minuziose mi affascinavano: descrivevano ogni elemento necessario a rendere una proprietà davvero autosufficiente con una chiarezza sorprendente.

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