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  • Unire passioni (apparentemente) lontane

    Unire passioni (apparentemente) lontane

    Da sempre, la mia passione per la natura e il giardinaggio convive con quella per le interfacce uomo-macchina, accompagnata da una domanda di fondo: è possibile farle dialogare?

    Il primo seme di questa riflessione è stato piantato quando ero alle elementari. Un giorno, quasi per caso, mi capitò tra le mani Il grande libro dell’autosufficienza di John Seymour (il perché mi capitò tra le mani è un’altra storia). Le illustrazioni minuziose mi affascinavano: descrivevano ogni elemento necessario a rendere una proprietà davvero autosufficiente con una chiarezza sorprendente.

    Tra tutte, mi colpì l’immagine di una casa di campagna su un ettaro di terreno (quella da cinque nella pagina successiva mi sembrava già all’epoca un progetto un po’ troppo ambizioso). Un orto rigoglioso sul davanti, alberi da frutto sul retro, un pollaio, un alveare, persino spazio per una mucca e qualche maiale.

    Nella mia immaginazione, quel modello diventava il mio futuro: mi vedevo lì, a coltivare la terra, con un solo dettaglio in più rispetto al disegno originale — un filo del telefono. Quel piccolo elemento avrebbe rappresentato il ponte tra il mondo agricolo e la mia altra passione: la progettazione di interfacce.

    Sono passati più di quarant’anni e quel sogno non si è realizzato esattamente come lo immaginavo (per fortuna, perché dubito che sarei capace di accudire mucche e maiali). Ma, in un certo senso, mi ci sono avvicinato molto più di quanto avrei mai pensato.

    Oggi lavoro nel digitale con realtà di rilievo internazionale, per di più come freelance, e affianco a questa attività la progettazione e riqualificazione di giardini. Se me lo avessero detto quando ero bambino, probabilmente non ci avrei creduto.

    Eppure, in un certo senso, il filo che immaginavo da piccolo esiste davvero: collega due mondi che sembravano distanti, ma che oggi sono parte di un unico percorso.

  • Scuse da giardiniere

    Scuse da giardiniere

    È una scusa tipica tra i giardinieri dire ai visitatori che avrebbero dovuto vedere il giardino la settimana scorsa. O la prossima. O in estate, in autunno, o in qualsiasi momento tranne che ora.

    A Garden for all Seasons – Reader’s Digest

    Noi giardinieri – come tanti altri, del resto – siamo maestri nel concentrarci sui difetti, più che sull’enorme lavoro che abbiamo fatto per rendere il giardino quello che è.

    L’incipit di questo libro cattura perfettamente questa frustrazione. Il visitatore era felice, il giardino gli piaceva. Non serviva dirgli che in un altro momento sarebbe stato migliore, chissà poi se era vero. Anzi, ora che lo sa, forse gli sembra già meno speciale.

    Ma ormai, la frittata è fatta.