Nei siti dei software dedicati alla progettazione di giardini c’è una funzionalità che spicca sempre: l’elevata qualità del rendering che il programma riesce a ottenere.
Se fino a qualche anno fa bastava un disegno leggibile — forme indicative, volumi appena accennati — oggi questi strumenti puntano a una resa iperrealistica, quasi fotografica, del giardino che verrà.
E così, nelle pagine e nei video promozionali, si esaltano funzionalità come:
- la possibilità di modificare i parametri delle piante — ad esempio modellare la chioma di un albero per evitare che due esemplari della stessa specie appaiano identici;
- la simulazione stagionale: foglie, steli e apparati vegetali che cambiano colore, che appaiono o scompaiono per mostrare l’evoluzione nel corso dell’anno;
- gli effetti di movimento, come leggere animazioni della vegetazione;
- la gestione della luce, per visualizzare il giardino in diversi momenti della giornata, tra cui l’immancabile tramonto mozzafiato;
- l’integrazione tra progetto e fotografie o video reali, così da fondere rendering e contesto.
Tutto molto importante e interessante, ma fino a dove ha senso spingersi? E soprattutto: questo serve davvero al progettista? Serve davvero al cliente?
Il giardino reale e il rendering
Per quanto un software possa simulare cicli di crescita, illuminazione e trasformazioni delle piante, la realtà rimarrà sempre diversa.
La vita di una pianta dipende da variabili che nessun algoritmo può prevedere con precisione: condizioni del suolo, microclima, qualità della messa a dimora, manutenzione reale, disponibilità vivaistica, variabilità tra esemplari, stress idrici, imprevisti. Il rendering può anche essere perfetto — il giardino non lo sarà mai.
Viceversa quando un progettista ha a disposizione strumenti sofisticati che permettono di controllare ogni dettaglio — chiome, ramificazioni, volumi, crescita, densità — tenderà a usarli.
E spesso li userà in modo migliorativo. Difficilmente realizzerà una simulazione in cui alcune piante crescono meno del previsto, o un’aiuola risulta più rada, o uno spazio appare meno armonioso nella sua prima fase di sviluppo.
Il risultato è un progetto idealizzato, distante dalla realtà e dalle sue imperfezioni fisiologiche.
Certo, spesso il cliente viene avvisato che si tratta “solo di un rendering” e che il risultato reale potrà differire, ma il punto è che a quel rendering si è già affezionato: abbiamo creato un’aspettativa, o peggio, una fantasia.
Realismo senza esasperazione
L’alta definizione, le simulazioni stagionali, le variazioni di luce rendono la rappresentazione talmente realistica da essere facilmente fraintesa. Il cliente può pensare che ciò che vede sia esattamente ciò che avrà.
Ma il rendering deve essere principalmente una mappa concettuale, una lingua condivisa tra progettista e cliente, una guida al processo, più che una fotografia filtrata del futuro.
Nel mio modo di lavorare, scelgo di non spingere il rendering verso l’iperrealismo. Uso forme leggibili, simboli chiari, volumi descrittivi ma non esaustivi. Il cliente deve percepire che il progetto in questa fase è un’indicazione, non un risultato preconfezionato.
Intendiamoci: non rinuncio a rendering o walkthrough video. Anzi, utilizzo modelli poligonali anche molto complessi per raccontare bene il giardino e le sua parte architettonica. Ma scelgo volontariamente di non inseguire una perfezione maniacale che distoglierebbe dall’obiettivo: far immaginare, invece che illudere.
Un approccio, magari non perfetto, che ha secondo me due vantaggi fondamentali.
- Evita false aspettative – Il cliente capisce che ciò che vede è una rappresentazione, non l’esatto aspetto del giardino nei suoi primi anni di vita.
- Rende evidente il valore del progettista – Un buon progettista non “consegna un’immagine”: dialoga con il cliente, coordina le maestranze, supervisiona la messa in opera, accompagna il giardino nei suoi primi anni, adatta e corregge, interpreta ciò che la natura restituisce.
Il giardino non è un oggetto finito, è un processo da seguire con costanza.
A differenza di un’opera architettonica, un giardino non sarà mai “uguale” al progetto e cambierà in continuazione. Cresce, si modifica, matura, sorprende. Ed è proprio questo il suo fascino.
Naturalmente tutto questo non sostituisce il ruolo fondamentale di altri strumenti progettuali più essenziali che precedono il rendering, come la costruzione di una moodboard, la realizzazione di bozzetti veloci o l’uso di semplici planimetrie commentate.
E questi ultimi temi sono un buon inizio per un ulteriore futuro articolo.


Lascia un commento