Nei siti dei software dedicati alla progettazione di giardini c’è una funzionalità che spicca sempre: l’elevata qualità del rendering che il programma riesce a ottenere.
Se fino a qualche anno fa bastava un disegno leggibile — forme indicative, volumi appena accennati — oggi questi strumenti puntano a una resa iperrealistica, quasi fotografica, del giardino che verrà.
E così, nelle pagine e nei video promozionali, si esaltano funzionalità come:
- la possibilità di modificare i parametri delle piante — ad esempio modellare la chioma di un albero per evitare che due esemplari della stessa specie appaiano identici;
- la simulazione stagionale: foglie, steli e apparati vegetali che cambiano colore, che appaiono o scompaiono per mostrare l’evoluzione nel corso dell’anno;
- gli effetti di movimento, come leggere animazioni della vegetazione;
- la gestione della luce, per visualizzare il giardino in diversi momenti della giornata, tra cui l’immancabile tramonto mozzafiato;
- l’integrazione tra progetto e fotografie o video reali, così da fondere rendering e contesto.
Tutto molto importante e interessante, ma fino a dove ha senso spingersi? E soprattutto: questo serve davvero al progettista? Serve davvero al cliente?
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